Vårdinge e il blend linguistico. Not just a plantation.
Stasera tornavo in città con un treno che correva verso il mio letto volendomi accompagnare a dormire, per farmi risognare, in versione forse migliorata, una giornata già fantastica di suo, trascorsa, per quanto mi riguarda, in una Folkhögskolan cinquanta chilometri a sud di Stoccolma: un piccolo villaggio nascosto nella foresta e a ridosso di due laghi, dove studenti di disegno e apprendisti pittori convivono condividendo attività, vita agreste e mensa, con studenti di giardinaggio e scienze forestali. Una combinazione che apparirà certo strana alla maggior parte dei lettori dall’Italia. Ma che contribuisce, secondo me, assieme alla particolare collocazione fuori città a rendere Vårdinge un’isola felice, dove tuttavia il concetto di felicità non passa solo per le alte performance fiscali o per le statistiche (come avviene magari nelle aree più urbanizzate), ma per la qualità delle relazioni sociali. Un’ondata di sorrisi contagiosi da coetanei che per quest’occasione avevano allestito un mercatino di Natale con tutti i prodotti artistici e le creazioni degli studenti stessi. Quando sono stato lasciato alla fermata dall’unico bus giornaliero e ho cominciato a incontrare i primi, sparuti, frequentatori di quell’area a metà tra un villaggio semi-sufficiente e un campus, ho capito che ero nel posto giusto e che la mia amica Marta invitandomi mi aveva fatto un regalo. Tutti loro, sembrava, si erano lasciati alla spalle la fretta di Stoccolma, il gusto per l’ostentazione e per il lusso e i tacchi a spillo sulla neve. Tutto ciò che violenta l’immagine della Svezia solidale, socialista e minimale. Tutta la spazzatura antropologica di Stoccolma city diradata con un’ora di treno verso sud e l’aria ossigenata di gente un po’ più semplice, ma un po’ più saggia, forse chiusa in una bolla ma non per questo non meritevole di attenzione, e tanto affetto, per quanto mi riguarda
Di ritorno ho sperimentato un blend linguistico per tentare di implementare le mie risorse espressive. Cercherò di farlo più spesso. Ma che sia riuscito o meno, toccherà ad altri giudicare, oppure a me stesso, ma solo in un futuro, non necessariamente remoto.
L’intera composizione preferisco per ora riservarla ai miei quaderni, considerando che potrebbe essere oggetto di pubblicazione. Il titolo che le ho dato, però, può essere svelato ed è il seguente: Fred-land (Just a plantation).
Trivs du här? Godi a stare qui? Chiede la stella quando inscena la morte. Are you enjoying my little big death? Chiede la stella morente prima di essere risostituita per niente. E capita che siano le ore 16 e che chiedano whether the nature has a soul or not, whether it makes any sense using ”Nature” as word.