Stazione di Futurantica
Come si inseguono accidiosi quei fanali là dietro gli alberi
tra i rami stillanti di pioggia.
Come si inseguono e come sbadigliano luce sull’altrettanto
accidioso viale della stazione.
Il motore del treno fischia flebile, fischia acuto, fischia stridulo, fischia,
come noi.
Ed il plumbeo mattino d’autunno come un grande fantasma
intorno respira.
E tu che pensosa dai al controllore il biglietto da forare,
dai al controllore il tempo che incalza gli anni belli, i mesi gioiti,
i giorni che sono ormai solo ricordi.
E poi si chiudono gli sportelli e sbattono e sembrano oltraggi:
suona di scherno l’ultimo appello che rapido chiama a salire sul treno.
E va il mostro empio, come un cortocircuito, sbattendo le ali,
come un uccello robotico, come un ladro d’amore metallico che anima, sbuffa
e ti risucchia via intrepido.