Il Lupo di Moscatello: un grande noir politico
Quando parlo di politica con la ”P” maiuscola non intendo certo la maggioranza, l’opposizione, i salti della quaglia, gli esodi per paura di restare minoritari. Quando parlo di politica con la ”P” maiuscola insomma non mi riferisco certo al politichese di questo o di quel palazzo, di questo o di quel comico o politicante di professione. Quando parlo di politica con la ”P” maiuscola parlo invece di una scienza della libertà, parlo dei rapporti di forza tra le classi, ma sopratutto parlo di civiltà, di distribuzione delle risorse, di fenomeni sociali, di convenzioni e…di violenza. Ed è esattamente questo il tema caratterizzante di questo primo giallo di Antonio Moscatello: la violenza. ”Il lupo” (Kairos Edizioni, 2014) dunque é molto più che una fiction poliziesca trasposta in un libro (certo questo elemento contribuisce ad accrescere l’entusiasmo del lettore): é anche e soprattutto un noir profondamente politico, e mi preme sottolinearlo. È profondamente politico perché scardina il mito della famiglia tradizionale e ci ricorda che la famiglia non é dettata dalla comunanza di geni, ma é ”con chi stai bene”; è inoltre profondamente politico perché induce a riflettere, con implacabile sapore psicanalitico c’è da dire, sull’archetipo del lupo, che non é quello delle favole che mangia i bambini e nemmeno quello dei licantropi holliwoodiani, ma é la violenza ”cacciatrice” insita in ognuno di noi, quella violenza che caratterizza la civiltà odierna e il cui radicamento coincide col passaggio della razza umana da raccoglitrice (quale era nell’era pre-glaciale, nell’edenica ”età dell’oro”) a cacciatrice e mangiatrice (anche) di carne (questo passaggio determina il radicamento della violenza cacciatrice, che si esprime attraverso le guerre, il possesso di persone della monogamia e l’ideologia del profitto del capitalismo).
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Della trama poi non vorrei svelarvi molto: il protagonista é Marco Polizzi, un giornalista un po’ donnaiolo a dire il vero che, tormentato da oscure visioni e reminiscenze della sua infanzia, si trova a far gradualmente luce sul suo passato. Lo stile è geniale: Moscatello sa essere preciso e tagliente senza essere né banale né arcaizzante e la sua sensibilità umana emerge sin dalla prima pagina. La lettura poi è scorrevole e coinvolgente, quasi ”a slide” ed il libro è accessibile a tutti, anche perché si sente essere frutto di una maturata esperienza: seppure sia stato scritto quasi di getto è profondo e ”stratificato”, un ottimo libro anche per me, a cui i gialli tradizionalmente intesi non sono mai piaciuti particolarmente.
* L’autore Antonio Moscatello (al centro) mentre conversa con me (all’estrema sinistra) nel corso di una delle presentazioni che stanno attraversando il Paese