#iammaforeurope Giorno 7
Quella di ieri é stata probabilmente la più fitta e interminabile giornata di questo trip europeo. Cominciamo dal principio: raggiungo la fermata più vicina alla Porta di Brandeburgo tramite una delle linee S, relative ai treni sopraelevati (una figata pazzesca), tanto verde, costruzioni imponenti e atmosfere da periferia cinematografica (”Noi ragazzi dello zoo di Berlino”, ma di giorno). Tanti turisti invece alla Porta di Brandeburgo dove girano strani mezzi affittabili simili a biciclette circolari. Mi emoziono per un curatissimo parchetto dedicato alle vittime rom e Sinti del nazismo. E raggiungo alla fine il Reichstag dove c’é un comizio di un uomo con una bandiera russa. Sembra piuttosto infervorato.
Mi avventuro nella zona del Reichstag. Noto parecchie guardie a proteggere Ang(h)ela. Raggiungo una piazzetta dove si tiene un noiosissimo e molto partecipato concerto di musica classica (noiosissimo non in quanto di musica classica, ma in quanto specificatamente poco stimolante).
Decido di andarmene a Praga. Mi imbarco al binario 2 di Berlin Hbf. E sul treno conosco un ragazzo della zona di Chicago: un sacco a pelo, uno zaino lungo in spalla e un desiderio d’avventura nel cuore. Nel suo caso quel desiderio é il sogno europeo. Conveniamo entrambi sul fatto che Parigi sia un posto in cui c’é troppa gente diffidente e che le ragazze tedesche lo sono decisamente piú di quelle spagnole (o americane). Oltrepassata Dresda l’alternarsi di distese giallognole e alberi fitti e altissimi per noi mediterranei lascia il posto al tenebroso fiume Moravia che scava fino a fondo e con eleganza i land ex-sovietici dell’ex Cecoslovacchia. L’orrizzonte é un ballo discreto di fusti alti e nuvole piú o meno arrabbiate. I passeggeri sempre piú smorti e con le facce lunghe stile 1984 non sembrano troppo felici, come le donne addette al controllo dei biglietti, sempre dure e diffidenti, conveniamo anche su questo io e il ragazzo americano di cui non mi ricordo il nome perché sono un disasteo con la memoria dei nomi. Arriviamo a Praga e faccio fatica a muovermi tra le poche informazioni tutte in ceco e la gran parte degli autisti che non sa l’inglese. Faccio fatica anche a trovare qualcosa da mangiare alla stazione centrale che é priva di molti servizi con cui le stazioni tedesche mi avevano viziato gli occhi. Seguo le istruzioni di Todd, l’americano che mi ospita nella sua villa alla periferia di Praga, che é una sorta di rifugio di altri tempi, tra un centro sociale e scuola di pittori. Ha un giardino che dá sul fiume Moravia. E Todd é gentilissimo con tutti i suoi numerosi e continui ospiti, per lo piú giovani ragazzi e ragazze, viaggiatori, viaggiatrici, busker di ogni sorta, provenienti da ogni dove. Todd parla un americano asciutto e rispettoso dei non madre lingua. Nella casa conosco un ragazzo polacco con cui passeró parte della notte a Praga centro in una birreria sotterranea raggiunta con un tram notturno che vola lungo la linea del fiume. Conosco anche un uomo canadese anziano ma vispo che nomina Casanova e lo cita una volta scoperte le mie origini italiane.
La serata col ragazzo polacco scorre liscia in un inglese da viaggiatori, in compagnia di tre suoi amici ungheresi. Le birre sono ottime nel locale sotterraneo molto informale e pieno di scritte, sono ottime e costano poco (dai 20 ai 100 Czk).
Noto diversi italiani. Conversiamo. Ed anche diversi americani si cui tre ragazze (Praga é piena di statunitensi, nonostante autisti e lavoratori del posto non sappiano l’inglese e la cittá sia carente di servizi e informazioni per i non-cechi). Il locale è saturo di fumo. Decido di tornarmene a casa. Sto uscendo. Una delle ragazze americane mi corre incontro e mi chiede ”Where are you from?”, dopo la risposta mi parla italiano spiegandomi di essere messicana e di aver vissuto a Firenze per sei mesi. Lascia lì le amiche e gironzoliamo per Praga notturna. L’orologio, la piazza principale, ponte carlo, il fiume. Mozzafiato. Di notte molto più che di giorno. Dopo un’ora scappa e ritorna al locale. Ci scambiamo i contatti.
E lí io mi perdo. Devo tornare a casa ma non ricordo né il nome della via nè la fermata del tram. Ne prendo uno a caso di tram. Vado a occhio, ma col buio é tutto piú difficile. Potrei andare avanti per tutta la notte perché i tram funzionano 24 ore su 24. Ma sono esausto. Voglio tornare al divano di Todd. Ma non so come! Torno al punto di partenza. Per le strade delle 3 gente urlante, alcuni ubriachi, un po’ di polizia e tanti buttafuori. Chiedo aiuto, ma in pochi sono lucidi e quelli lucidi mi rispondono (a ragione) che non posso trovare la casa senza avere un indirizzo. Un gruppo di divertentissimi americani in procinto di tornare in ostello vuole aiutarmi davvero e scandaglia la mappa di Praga con me. Sono confuso. Vado in taxi con loro fino all’ostello dove troviamo caos e gente riversa sui pavimenti, ma un gestore americano lucido e disponibile che mi fa usare il computer, connettere su couchsurfing e vedere l’indirizzo di Todd (il mio cell era morto). Mi chiama anche un taxi, e l’autista annoiato é lí in cinque minuti. Cerca di fregarmi con il resto sfruttando il fatto che per me la corona ceca é una moneta nuova. A parte questo i taxi, come tutto a Praga, sono economici.
Me ne vado finalmente a dormire. Ma sono le quattro e mezza.